Borgo delle Fornaci
Il nome deriva dalla presenza di
numerose "fornaci" per laterizi
da costruzione qui impiantate in
considerazione del particolare
terreno argilloso. Esse furono
intensamente sfruttate già nel
periodo della Roma Imperiale.
Anche Teodorico e Belisario se
ne servirono per i restauri alle
Mura Aureliane-Onoriane.
Con i papi rinascimentali, dopo
Avignone, riprese in pieno il
loro utilizzo raggiungendo il
massimo sviluppo con l'apertura
del cantiere per la costruzione
della Basilica di S. Pietro.
Le "fornaci" hanno continuato a
funzionare fino all'inizio degli
anni '60 per poi cessare
definitivamente la loro attività
in seguito alla massiccia e
dilagante urbanizzazione del
territorio adiacente.

Fornaci
Alla metà del secolo XVI il
territorio occupato dalle
fornaci prese il nome da questa
attività assumendo il toponimo
di "Vallis Fornacum" (Valle
delle Fornaci).
Tra il 1570 e il 1580 nacque il
vero borgo con la costruzione
disposta in modo ordinato. Le
fornaci, separate tra di loro da
muri di cinta, si allineavano
lungo la strada diretta a "Porta
de' Cavalli Leggeri" e,
risalendo il declivio
retrostante, occupavano tutto lo
spazio disponibile per
arrestarsi davanti alle cave di
creta.
Sentieri campestri assicuravano
i collegamenti all'interno del
borgo.
Nei primi decenni del XVIII
secolo l'asse stradale di via
delle fornaci, l'antica "Via
Posterula",era delimitato da un
alto muro di cinta, nel quale si
aprivano gli accessi alle varie
proprietà, simile a quello che
ancora oggi delimita il tratto
più antico e meglio conservato.
La sopravvivenza del borgo è
accertata fino ai primi del '900
quando, con la trasformazione in
quartiere urbano, perderà
purtroppo i suoi connotati di
sobborgo industriale.
Attualmente, in fondo a via
della Cava Aurelia, troviamo
l'ultima fornace della zona (la
fornace Aurelia), abbandonata,
ma ancora in discrete
condizioni.
Il collegamento tra borgo e la
Fabbrica di San Pietro avveniva
attraverso due porte delle mura
vaticane: Porta Cavalleggeri e
Porta Fabbrica.
Porta Cavalleggeri
Da questa porta si accedeva
all'interno della Città Leonina
e prendeva il nome dalle vicine
caserme dei Cavalleggeri (la
guardia pontificia): di essa,
scomparsa ai primi del secolo,
ci resta solo l'arco a bugne di
travertino ricomposto e
addossato alle mura vaticane
(Piazza Cavalleggeri).
Accanto alla porta troviamo un
sarcofago romano utilizzato come
fontana, decorato a scanalature
ondulate. L'alimentazione è a
tre bocche: quella centrale è
costituita da un "protome"
(testa di leone) sormontata
dallo stemma di Pio IV.
L'iscrizione sulla parte
soprastante spiega l'utilità di
questa fontana sia per le
persone che per l'abbeveraggio
dei cavalli: "Pio IV Pontefice
Massimo per utilità pubblica e
comodità dei soldati di guardia
anno 1565"'..
Porta Fabbrica
E' situata lungo l'odierna Via
di Porta Cavalleggeri a poca
distanza dal bivio dell'Aurelia
Nuova. Da li passavano i
laterizi prodotti dalle vicine
fornaci necessari alla
costruzione della Basilica. Pur
trattandosi di un ingresso
secondario, risultava di
notevole utilità perché evitava
lunghi giri consentendo quindi
agli addetti ai lavori di
accorciare notevolmente i tempi
di trasporto.
Sulla chiave dell'arco è
possibile vedere il simbolo del
triregno pontificio dal quale
pendono due chiavi ai cui lati
sono poste le lettere "F"
(fabbrica) e "A" (apostolica).
"A UFO"
Sembra che sia legata a questa
porta l'origine del detto "a
ufo" cioè gratuito. Infatti,
davanti ad esso, era posto un
blocco daziario attraversato
dalle merci di ogni genere che
entravano per i lavori della
ricostruzione di S. Pietro e
così, per riconoscere con più
facilità i materiali che
godevano di franchigia, furono
apposte le lettere A.U.F. (ad
usum fabricae). Di conseguenza i
romani associarono a queste il
concetto di "non pagato" con un
motto entrato poi nel linguaggio
corrente.
Chiesa di Santa Maria delle
Grazie alle Fornaci
Il monumento più imponente del
territorio intorno a Porta
Cavalleggeri è la chiesa di S.
Maria delle Grazie alle Fornaci.
Collocata al centro del
quartiere la sua costruzione
iniziò nel 1694 grazie
all'abbondanza delle offerte e
l'appoggio del Cardinale
Carpegna.
Presenta una facciata realizzata
nel 1727 sotto il pontificato di
Benedetto XIII, forse su disegno
di Filippo Raguzzini, scandita
da lesene, articolate in due
ordini sovrapposti, separati tra
loro da un cornicione aggettante
e conclusa da un coronamento
mistilineo. E' possibile notare
il riferimento stilistico con la
facciata dell'oratorio dei
Filippini del Borromini senza
tuttavia arrivare alla tensione
strutturale tangibile
nell'edificio borrominiano. Il
rilievo sul portale di ingresso,
realizzato in stucco, materiale
molto usato nel '700,
rappresentava la "liberazione
degli schiavi". Il cartiglio che
racchiude la scena è avvolto nel
manto e sormontato dalla corona
della Vergine sotto la cui
protezione è posta la chiesa.
Lo
schema planimetrico adottato è a
croce greca con quattro cappelle
inserite nell'incrocio dei
bracci. Questa scelta nasce e
dalla volontà di rifarsi alla
tradizione architettonica
romana, in particolar modo del
cinquecento, e dalla particolare
collocazione dell'edificio,
costruito sopra un rilievo del
terreno, e dalla notevole
dimensione dello stesso.
L'assetto della pianta centrale
è però in contraddizione sia con
la facciata esterna, la quale,
con il suo alto prospetto,
nasconde la volumetria
complessiva della chiesa, sia
con l'interno per la mancata
costruzione della cupola, mai
realizzata a causa di difficoltà
economiche e architettoniche.
Infatti, la notevole profondità
dell'abside e la disposizione
delle cappelle, collegate tra
loro, suggeriscono già l'idea di
una divisione in navate dello
spazio. La presenza, infine,
della sagrestia e del campanile,
eretto nel XX secolo, accentuano
la sensazione di longitudinalità
dell'assetto planimetrico.
Chiesa Santa Maria Alle
Fornaci
Nell'interno della chiesa,
sull'altare maggiore, è
custodita l'immagine della
Vergine commissionata al pittore
di Liegi Gilles Hallet (Egidio
Alet 1620/1694). La tela
rappresenta la Madonna con il
bambino benedicente che stringe
nella mano sinistra il globo. La
convenzionalità del soggetto,
dipinto a scopo devozionale, è
compensata dallo studio
cromatico e dalla riuscita
rappresentazione del bambino.
Accanto alla facciata della
chiesa sorge il convento
costruito tra il 1721 e il 1725
per ospitare il Collegio
Apostolico per le Missioni. Il
portale, di chiara ispirazione
borrominiana, è collegato al
livello stradale da una
scalinata a doppia rampa simile
a quella costruita ai piedi
della chiesa.
Chiesa della Madonna del
Riposo
Le prime notizie della chiesa si
hanno dal diario di Antonio
Pietro del Schiavo, cronista
romano del primo '400, dove
viene citata la cappella di S.
Maria del Riposo. E' probabile,
comunque, che assai prima della
nascita della cappella, ci sia
stata un'edicola con l'immagine
della Madonna posta forse in
quel luogo in memoria di un
antico cimitero sacro, divenuta
poi un'immagine miracolosa per
le molte grazie esaudite ai
viandanti ed ai pellegrini che
qui sostavano per rinfrancarsi e
dire una preghiera prima di
proseguire il proprio cammino.
Fu allora che si volle costruire
la cappella dedicata alla
Madonna del Riposo. Nella
seconda metà del 500 i Papi Pio
IV e Pio V provvidero al
restauro e all'ampliamento della
costruzione originaria
(avancorpo, secondo locale, per
la sagrestia e, forse, le due
stanze sovrastanti la
sagrestia). Papa Pio V fece
adattare a proprio uso un casale
che sorgeva alle spalle della
chiesa, fatto demolire, in
seguito ad una intensiva
urbanizzazione, nel 1953, del
quale ci rimane soltanto lo
splendido potale bugnato di
travertino visibile sul lato
sinistro.
All'interno della piccola chiesa
troviamo, sopra l'altare,
l'affresco della Madonna col
Bambino, probabilmente di epoca
rinascimentale, mentre le
pitture di contorno, compresi il
trono e gli angeli che fanno da
sfondo, sono sicuramente di
epoca successiva. Gli angeli ai
piedi delle nicchie possono
essere opera di allievi di
bottega manieristica.
La volta a cupola sopra l'altare
presenta un affresco di stile
sei-settecentesco raffigurante
l'incoronazione della vergine.
Non è possibile invece datare il
paliotto dell'altare realizzato
con marmi pregiati con agli
angoli i gigli Farnese.
Villa Carpegna
Costruita forse su di una
preesistente palazzina
cinquecentesca, sorge su una
antica area cimiteriale romana,
desumibile dai numerosi reperti
che si potevano ancora ammirare
all'inizio del XX secolo:
sarcofagi vari, un'urna
cineraria, una lunga iscrizione
dedicata ad un eques romano,
capitelli, colonne e
bassorilievi.
I Carpegna entrarono in possesso
della villa alla fine del '600
quando, sotto il pontificato di
Clemente X, il Cardinale
Gasparre Carpegna fu nominato
Vicario del Papa.
La villa fu destinata dal
Cardinale a contenere le sue
numerose collezione artistiche
e, in special modo, quella
numismatica ceduta poi, alla sua
morte, ai musei vaticani.
La Famiglia Carpegna fu
proprietaria della villa fino
alla fine del XIX secolo. Fu poi
acquistata da un certo Achille
Piatti che la vendette
successivamente alla baronessa
Caterina Scheynes la quale, a
sua volta, la lasciò in eredità
alla nipote baronessa Emma Sofia
Stocher.
Villa Carpegna
La baronessa Stocher nel 1941
vendette la proprietà alla
società immobiliare dei Beni
Stabili, all'istituto dei
Fratelli Ospitalieri (1955), al
Pontificio Collegio Spagnolo
(1956) e alla Sacra
Congregazione di Propaganda Fide
(1961).
A loro volta i Beni Stabili
hanno venduto la loro proprietà
alla Domus Mariae che ha
lottizzato 8 dei 15 ettari
acquistati. La Domus Mariae
lascerà l'edificio disabitato e
il parco in completo abbandono.
Dall'1 Aprile 1981 il complesso
è divenuto parco pubblico.
L'attuale proprietario è il
Comune di Roma.
Dalla piazza omonima si accede
alla villa attraverso un
portale, fatto erigere dal
Cardinale Carpegna, decorato a
bugnato di travertino avente
sulla sommità lo stemma dei
Carpegna e ai lati due
finestroni decorati anch'essi di
travertino e chiusi da una grata
in ferro battuto. La parte
interna è decorata con spuma di
travertino, ghiaia, tufelli e
stucco.
Percorrendo poi uno stretto
viale, fiancheggiato da pini
secolari e siepi di alloro, si
arriva ad uno spiazzo
semicircolare fronteggiante il
lato est della Villa.
L'edificio ci appare privo di
unitarietà risentendo
sicuramente delle trasformazioni
successive ad esso apportate.
Il Cardinale Carpegna ampliò la
parte abitativa già esistente,
composta da un corpo centrale ed
un torretta - elemento
caratteristico delle Ville
Laziali - costruendo due nuove
ali sormontate entrambe da
torrette ed emulando in questo
modo i modelli delle ville
Medici e Borghese.
La parte certamente più
interessante è costituita dal
salone principale dell'edificio
decorato con affreschi in stile
pompeiano raffiguranti soggetti
allegorici, colonne decorate a
finto marmo, con basi, capitelli
e frammenti di architravi,
arricchiti con festoni sorretti
da putti. Le colonne, poste
sulle pareti laterali in
prossimità degli accessi al
piano superiore, sono collegate
tra loro da balaustre dipinte e
disposte, secondo uno schema
modulare, ad intervalli
regolari. Sulle due rimanenti
facciate, ai lati delle
porte-finestre, troviamo le
stesse colonne, ma più numerose,
a creare una prospettiva di cui
le stesse porte-finestre
costituiscono i punti di fuga.
Il salone in questo modo viene
movimentato dalle decorazioni
che troviamo anche sugli stipiti
delle porte-finestre, anch'esse
dipinte in finto marmo.
Negli intercolunni del salone
della Villa compaiono paesaggi
con figurine di soldati,
animali, file di carri, di
minuscole dimensioni dipinti a
tempera.
Partendo dalla parte posteriore
dell'edificio, lungo il viale
principale, si trova la prima
fontana. Di qui parte una
cordonata a doppia rampa di
mattoni a spina e brecce battute
che scende verso la seconda
fontana per poi risalire fino al
ninfeo. Il ninfeo reca sulla
volta lo stemma dei Carpegna in
paste vitree bianche e azzurre:
le pareti interne sono decorate
con mosaici policromi di sassi e
lapilli. Il terrazzamento nel
retro della Villa sfrutta la
naturale pendenza del terreno
per creare effetti di movimento
e di colore prendendo come
modello l'analoga disposizione a
giardino del Casino di Pio V.
Recentemente la villa è stata
restaurata ed il casino di
caccia è stato destinato a
spazio museale. |