Partendo da via Madonna del Riposo
si può percorrere la via Aurelia
Nuova, il cui tracciato si
sovrappone a quello della via
Cornelia arrivando in località
Valcannuta.
Il suo nome deriva da "cannutulum"
per l'abbondanza di canneti che
esistevano sul territorio, ormai
completamente urbanizzato: è qui che
avveniva l'incontro tra la via
Aurelia Vecchia e la Nuova oltre il
quale, le due vie ormai unificate,
si dirigevano in direzione
Civitavecchia, esattamente
all'altezza della Torretta Troili,
dal nome degli ultimi proprietari,
torretta che strategicamente ne
sorvegliava l'incrocio.
La via Cornelia, lasciata la via
Aurelia Nuova, si inoltrava nel
territorio di Boccea seguendo il
tracciato della moderna via Boccea,
il cui nome deriva, oltre che dalla
presenza del castello omonimo al Km.
14+500, anche dalle numerose piante
di bosso, "buxsus", attraverso cui
si snodava.
Proseguendo per la via Cornelia
incontriamo la località Acquafredda.
Prende il nome dalla freschezza
delle acque del fosso della Magliana
dove si fermò, secondo lo storico
latino Procopio nel suo " Bellum
Ghoticum, il re dei Goti Totila
quando, nell'anno 547, invase Roma.
Dopo
l'Acquafredda, la via Cornelia
arriva in località Montespaccato.Il
nome deriva dalle "spaccature" dei
monti provocate appunto dalla via
Cornelia Antica che si intersecava
sul primo monte con via dell'Acquafredda
e sul secondo con l'attuale via
Cornelia. In questa area sono state
trovate molte testimonianze sia
Etrusche che Romane consistenti, per
lo più, in tombe e ville.
Sempre
in via dell'Acquafredda troviamo il
casale Fogaccia, fatto costruire dal
conte Piero Fogaccia su progetto di
Marcello Piacentini nel periodo
compreso tra il 1922 ed il 1929. In
questo edificio è possibile trovare
delle soluzioni architettoniche di
varia provenienza: elementi tipici
delle ville insieme a quelli dei
casali dell'Agro romano, riferimenti
alle fortezze con bastioni, finestre
e portali di chiara ispirazione
cinquecentesca e moderna, pareti a
copertura liscia e rustica con l'uso
di materiali come la pietra incerta
ed il tufo.
L'arch. Marcello Piacentini volle
sperimentare, per la prima volta in
questa villa, la collocazione della
sala destinata a soggiorno a metà
tra il piano terreno rialzato ed il
primo piano. La soluzione veniva
praticata perché con una sola rampa
di scale era possibile collegare i
due livelli: una concezione
costruttiva completamente innovativa
per le case private.Gli interni
furono realizzati con materiali
pregiati ma conformi allo stile del
casale rustico.Sopra il portone
principale è posto lo stemma dei
conti Fogaccia, che ritroviamo
realizzato in ceramica, anche nel
pavimento d'ingresso.
Dopo
il bivio per Palmarola si arriva in
località Casalotti dove la via
Cornelia, abbandonato il suo corso
quasi parallelo alla via Boccea, si
riunisce ad essa sovrapponendosi a
tratti sul suo tracciato verso il
casale di Boccea. Qui, fra il Km 5 e
6 della via Cornelia-Boccea, per
caso fu riportato alla luce,
all'inizio del secolo, un magazzino,
dotato ancora di grandi "dolii"
affioranti dal terreno che doveva
appartenere ad una villa rustica dei
dintorni. Il particolare dei dolii
(le cui misure sono: altezza mt.1,60,
circonferenza massima mt.4,50,
diametro della bocca mt. 0,53),
aventi corpo interamente affondato
nel terreno, si può riscontrare
anche in magazzini simili di Ostia e
Pompei. A circa 600 metri di
distanza sono stati trovati resti di
un pavimento a mosaico bianco e nero
rappresentante Nereidi e mostri
marini, insieme a molluschi e pesci.
Non lontano è stata rinvenuta una
tomba a camera di pianta singolare e
molti frammenti marmorei e
suppellettili.
Oltrepassata l'area di Casalotti
troviamo la zona denominata Casal
Selce per via dell'abbondanza di
basalti, comunemente detti selci,
nel terreno. Qui anticamente sono
registrati i Fondi Gratinianus e
Rosarius, il nome di quest'ultimo
dovuto al ricordo della antica
coltivazione delle rose nella
regione.
Percorrendo la via Cornelia-Boccea,
all'altezza del Km.5,500, si arriva
a Porcareccia vecchia. La tenuta, un
tempo molto vasta, arrivava a
comprendere anche Montespaccato,
Pantan Monastero ed altre località
limitrofe. Il suo territorio è
irrigato da parecchi fossi, il
principale dei quali è chiamato
Magliana.
Attualmente Porcareccia Vecchia
comprende il casale ed il castello:
il centro abitato è un grazioso
agglomerato che riproduce quasi
fedelmente l'aspetto del borgo
cinquecentesco.
Il tutto fu quasi sicuramente
costruito sopra i ruderi di qualche
antica villa rustica, perché
risalgono ad epoca romana molte
iscrizioni, delle quali alcune
databili ad età repubblicana,
colonne di granito, un bassorilievo
con due grifi posti l'uno di fronte
all'altro, un'ara con ghirlanda ed
una serie di frammenti di marmo
lavorati e inseriti nelle facciate
del castello e della chiesa. Dai
sotterranei del castello si diparte
una fitta rete di cunicoli con
sfiatatoi all'altezza del terreno,
da mettere in relazione al percorso
sotterraneo dell'acquedotto traianeo
che percorreva questa parte di
campagna.
Il nome Porcareccia deriva dai
numerosi allevamenti di maiali che
l'Ordine ospedaliero S. Spirito,
proprietario della tenuta, teneva
per sfamare principalmente i più
poveri, secondo lo statuto della
congregazione.
Dopo
Porcareccia si arriva in località
Selva Candida. Il nome Selva Candida
è posteriore, perché all'inizio
questa località era conosciuta come
"Silva Nigra", termine derivante da
una fitta e scura foresta di querce
e bossi che comprendeva, molto
probabilmente, tutto il territorio
del XVIII Municipio (dal fiume
Arrone alla città del Vaticano).
Silva Nigra era in origine un'antica
area sacra etrusca che
successivamente, a partire dal III
secolo d.C., divenne un'area sacra
cristiana per i molti martiri qui
giustiziati e poi sepolti grazie
alla pietà degli abitanti. Il luogo
è legato in modo particolare al
martirio delle sorelle Rufina e
Seconda avvenuto il 10 luglio del
257 d.C., così come ci è stato
tramandato dal Martirologio di Adone
e dalla passione dei SS. Pietro e
Marcellino. Da allora la tenebrosa e
paganissima Silva Nigra cambiò nome
in quello più propizio di Selva
Candida per il diffondersi della
fama dei miracoli avvenuti per
intercessione delle sante Rufina e
Seconda e per l'usanza di molti
cristiani di farsi seppellire vicino
ai sepolcri dei martiri nella
speranza che questi ultimi li
avrebbero aiutati a raggiungere la
salvezza nell'aldilà. Sul posto del
martirio furono costruiti prima un
sepolcro, poi una basilica chiamata
di S. Rufina e Seconda e denominata
anche di Selva Candida, nome questo
che venne adottato anche dal borgo
che sorse intorno ad essa. Il borgo
divenne una vera e propria città
dotata di ospedali e circondata da
mura.
Con il passare degli anni tutto il
territorio di Selva Candida cadde in
rovina a causa delle incursioni dei
Goti e dei Vandali, dei Saraceni ed
infine dei pirati mussulmani.
Oltrepassato il km.9, la via Boccea
ricalca quasi interamente il
percorso dell'antica via Cornelia
sino ad arrivare al km. 14.500 ,
dove, sulla destra, si trovano i
resti dell'antico castello costruito
tra i secoli IX ed XII. Molto
probabilmente il castello ospitò i
coloni di Selva Candida che vi si
rifugiarono in quanto ben
fortificato e quindi sicuro.
Ai
piedi del pianoro di Boccea scorre
il fiume Arrone il cui nome deriva
dalla radice etrusca "aruns". Nasce
dal lago di Bracciano e sfocia nel
mare presso Maccarese. |